parlarci del tuo trekking descrivendo il luogo di partenza, i sentieri percorsi, i giorni nei quali hai camminato, quanti eravate, dove e come avete dormito, le vostre sensazioni nella natura o di fronte a luoghi storici, ecc.
Insomma descriveteci la
VOSTRA AVVENTURA!!
Invia testo e immagini.









 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRIMO MAGGIO DUEMILACINQUE

ALLA CONQUISTA DELLA PANIA

 

Finalmente dopo una serie infinita di rimandi, riusciamo ad organizzare il nostro solito gruppetto! Pronti per un'altra avventura, pronti a sperderci come nostro solito, pronti a faticare, a tirare al massimo la resistenza (in fondo non siamo così allenati), pronti a ricaricarci, a piegarci dalle risate, a franare rovinosamente per le suole consumate, pronti soprattutto a dire dopo 5 ore di cammino “Montagna di m***a! Per altri due mesi non ne voglio sentir parlare! Solo mare…oggi c'erano 28 gradi!!”… insomma, tutto fa parte dello spirito delle nostre uscite.

La destinazione: l'idea di partenza, e cioè la scusa per partire, era quella di ritornarcene al rifugio “la Quiete”, ai prati del Puntato, dal nostro amico Mauro, che già ci ha ospitato precedentemente, per riprendere la corda che nella nostra due giorni di febbraio ci aveva salvato più volte sul manto ghiacciato, e che noi ci eravamo (per nulla riconoscenti) dimenticati sotto 50 cm di neve! Tuttavia la Pania svettava lassù, mentre a Pisa cercavamo di accordarci… “infondo la corda dal puntato non scappa di sicuro, e per un po' non nevicherà di certo”…e così in men che non si dica è deciso: ore 8 domenica mattina a Pietrasanta, in piazza del Municipio, di fronte alla “statua del ciccione”, come la chiamiamo noi (senza ovviamente voler offendere nessuno). Naturalmente prima delle 8e30 non si fa vedere nessuno: tutta colpa delle notti brave! Prima Francesco da Livorno (passerà alla storia), poi la Maria e la Moira che da Massa sono arrivate non tanto grazie alla Y10 più vecchia del mondo, quanto alla protezione che San Francesco, loro patrono, li ha riservato; infine la Silvia e Vieri dalla vicina Viareggio. Con abbondante ritardo ci avviamo a Seravezza a recuperare anche Michele, che per uniformarsi allo spirito del gruppo arriva in ritardo, guidando a velocità improponibili per le vie del paese.

Spartiti in due macchine ci avviamo verso Levigliani, ancora indecisi sulla strada da prendere per arrivare alla Foce di Mosceta, tappa prevista nel nostro itinerario. Infatti le alternative che si presentano sono due: dal paese di Levigliani è possibile prendere il sentiero n.9, che si incrocia poi con il n.122, che porta a Mosceta, oppure, attraverso la strada del retro Corchia che passa per Pian di lago, è possibile lasciare l'auto al Passo Croce, per poi incamminarsi verso Fociomboli, da dove si può prendere il sentiero n.129. Inutile dire che la scelta verso la quale optiamo è la seconda, che ci costringe molto più tempo in auto, ma che ci fa risparmiare l'euro necessario per giungere con la navetta all'ingresso dell'Antro del Corchia, punto dal quale parte il sentiero n.9. Tuttavia, siccome non siamo ancora stanchi di starcene in auto (c'è chi è dalle 7:30 che guida), Michele decide di spingersi per lo sterrato (improponibile) fino a Fociomboli...ultimo sforzo per parcheggiare l'auto…siamo pronti!

Scarpe da trekking e si parte!!

...più o meno...perché come al solito i primi 100 metri sono quelli che necessitano più tempo, fra aggiustamenti (dell'abbigliamento e del carico) e aggiornamenti (“Come va la vita?”). In ogni caso in poco più di un'ora arriviamo attraverso il sentiero n.129 a Mosceta…rotto il fiato non è poi così dura, il sentiero si snoda nel bosco, a pendenza poco variabile, ben segnato (in un solo punto è possibile sbagliare, ma bisogna essere stupidi al pari nostro per riuscirci!); siamo sul versante nord del Corchia, e quindi incontriamo qua e la delle rimanenze delle abbondanti nevicate di fine inverno (inutile dire che ci è impossibile tenervi la Maria lontano!). E così in un'oretta abbondante (un'ora e 15 minuti per la precisione) arriviamo al Rifugio del Freo, breve sosta, ci guardiamo un po' intorno, e scalpitanti ripartiamo con l'unico obiettivo fisso nella mente di raggiungere la “regina”. Attraversiamo il ponte di legno che passa sul vicino ruscelletto e ci dirigiamo verso la Foce di Mosceta, alla volta del sentiero n.126 , che ci porterà dritti (si fa per dire) sulla vetta. Partiamo felici e, come ho già detto, scalpitanti, da bravi incoscienti quali siamo, a passo decisamente svelto, cercando di stimare ad occhio la distanza che ci rimane da percorrere. Da bravi studenti universitari ci dilettiamo nel dire: “…si…più o meno avremo percorso un decimo…si…si…un sesto del totale”, autoconvincendoci che in realtà non manca poi così tanto e che ce la potremo fare in maniera più che dignitosa…niente di più falso!! È vero che all'inizio siamo belli pimpanti, ci pavoneggiamo nel superare altri come noi intenti nell'impresa, ma già dopo poco più di 30 minuti di cammino comincia ad essere netta la separazione uomini avanti, donne un tornante più in giù …ci concediamo qualche sosta… anche se c'è chi proprio non sa scegliere fra la corsa sfrenata verso la vetta (con conseguente infarto del miocardio) ed una sosta (avvinghiato con le mani ad una parete rocciosa e con i piedi sulle ghiaie sconnesse del tracciato) paralizzato dal terrore del vuoto (con conseguente, anche stavolta, infarto del miocardio)… in ogni caso nessuno di noi non può fare a meno di ammirare lo splendore che ci circonda, un azzurro del cielo che ormai da tanto non vedevamo, un sole scottante che ci procura un'abbronzatura da ciclista (chiedetelo a Vieri), una vista spettacolare, che dapprima ci fa scoprire la “nostra” casetta del puntato, poi dopo pochi minuti ci fa dare uno sguardo d'insieme sui percorsi che precedentemente abbiamo solcato, poi, con grande stupore, ci fa incontrare il meraviglioso mare, la Versilia, ci fa ridere di chi in quel momento si trova a Marina di Massa sotto una densa coltre di nubi umide, che a noi da qui sembrano solamente un piccolo batuffolo di cotone… abbiamo addirittura l'esaltante fortuna di incrociare una coppia di…qui sono dolori, non chiedetemi cosa fossero di preciso, qualcuno azzarda mufloni, altri li chiamano volgarmente caproni di montagna, Michele poi spara a raffica un sacco di fanta-nomi con l'unico obiettivo di prenderci per il culo!! …insomma dopo circa due ore di stupore accompagnato a meraviglia, ma anche ad apprensione e fatica collassante, arriviamo sul crinale del monte…finalmente lassù, finalmente in vetta alla Pania della Croce…ognuno di noi in cuor suo commosso, una piccola impresa, ma per un giorno noi siamo più alti di questa splendida montagna che da quando ci conosciamo ci ha sempre guardati dall'alto in ogni giornata serena. Superiamo il timore del vuoto che in questo momento ci fa capire quanto siamo piccoli, superiamo soprattutto il timore dell'aver seguito per 10 metri la Silvia, che ci ha fatto uscire dal sentiero per risalire per un instabile ghiaione, che solo l'acqua in discesa è in grado di percorrere! Aiutiamo il nostro fisico a sopperire il calo di zuccheri mangiando qualcosa… pochi minuti e siamo pronti…pronti a capire a pieno quale magico spettacolo abbiamo la fortuna di ammirare, diventa familiare il vuoto, il rifugio Rossi da una parte, il rifugio del Freo dall'altra, sembra quasi di affacciarsi alla finestra della propria camera…solo che non si vede il solito scorcio di panorama, o la solita strada…in un giro di 360 gradi si vedono gli Appennini, la Garfagnana, la piana di Lucca, la pianura pisana, addirittura Livorno e la sua corona di colline, l'intera costa fino all'alta Versilia, dominiamo tutte le altre vette delle Apuane…ESTASI…non ci poteva capitare giornata migliore, il vento soffia forte sul versante a mare, ma basta spostarci di un passo per goderci sdraiati al sole nella vera pace la nostra piccola siesta post-pranzo. (Foto 1,2,3) Ci lasciamo andare a qualche foto stupida, a qualche discorso ancora più stupido, a quattro chiacchiere con altri che continuano a giungere sulla vetta… ma ormai è tempo di tornare in giù, dobbiamo affrontare nuovamente il senso del vuoto, anche se stavolta impieghiamo veramente poco ad abituarci… in men che non si dica siamo di nuovo a Mosceta, la discesa è accompagnata da racconti, battute, risate sfrenate, fittoni e scivolate al limite del credibile e soprattutto della sopravvivenza che solo Vieri sa regalarci (perché lui, che ci sia la neve, che ci sia il ghiaccio, che ci sia un sasso, che ci sia dell'erba o del fango, che ci sia uno scalino nella zona più cementificata del mondo, deve in ogni modo riuscire a cadere, ovviamente dando la colpa alla suola delle scarpe), grandi corse in caduta libera, brevi soste, prese di ‘ulo reciproche!

Giunti a mosceta dopo la foto di gruppo di rito (Foto 4) con il monte alle spalle, ci tiriamo sul primo prato raggiungibile, lanciamo le scarpe ed immergiamo i piedi nel torrente gelato, un'ora di pieno sole e relax, ritardando il più possibile il rientro verso le macchine. Ripercorrendo a ritroso il 129 godiamo degli ultimi scorci che questa giornata sa regalarci, fino a che il bosco non ci avvolge completamente.

Alle 19e45 ognuno prende la sua strada verso casa.. ci vediamo domani a Pisa!

Che dire… noi siamo tornati particolarmente esaltati, anche la stanchezza a fine giornata non si è fatta sentire più di tanto. Ci vuole veramente poco, vi suggeriamo di dedicare una delle vostre giornate estive alla vetta della Pania, il gioco vale sicuramente la candela.

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